Indietro  
Frammenti Beat
Il Romanticismo in Italia
Romanticismo
Scapigliatura
Montale, un'analisi
Pessimismo leopardiano
Marinetti e il Futurismo
Letteratura gay

Il Romanticismo in Italia

 

SITUAZIONE LINGUISTICA ITALIANA


Dal punto di vista linguistico, il primo ottocento rappresenta un periodo decisivo nel nostro paese, giacchè per la prima volta in quegli anni veniva posto l'obiettivo di superare la tradizione dicotomica fra lingua scritta (e in particolare lingua letteraria) e lingua parlata (dialetto). La stragrande maggioranza della popolazione parlava infatti il dialetto o si sforzava di italianizzare il proprio dialetto quando voleva distinguersi o comunicare con persone provenienti da altre regioni. In parecchi casi le persone colte preferivano parlare in francese, la lingua internazionale del tempo: il fatto è che l'italiano letterario, nonostante la sua autorevole tradizione, mal si prestava ai bisogni comunicativi del mondo moderno. Gli illuministi del secolo precedente se ne erano resi conto e avevano accolto nella lingua letteraria numerosissimi influssi stranieri, nel tentativo di forgiare un idioma nazionale più duttile e meno aulico. A tale tentativo reagirono all'inizio dell'ottocento numeroso scrittori classici e puristi (questi ultimi rappresentavano l'ala più rigida dello schieramento), che, prescindendo dal problema di fondo, additarono nel modello trecentesco e cinquecentesco la vera matrice dell'italiano, invitando gli scrittori ad attenersi alle sue regole.
Fu merito del movimento romantico, soprattutto lombardo, e di Manzoni in particolare, aver riproposto il problema linguistico nei suoi termini storicamente corretti: l'aspirazione a creare un paese moderno e unito non poteva prescindere dalla necessità di riavvicinare la lingua scritta a quella parlata, sbarazzandosi di ogni remora puristica e accogliendo nella lingua letteraria gli apporti, anche stranieri, necessari a svecchiarla. Si trattava di creare una lingua con cui lo scrittore potesse rivolgersi a tutti gli italiani, capace poi di diventare strumento di comunicazione quotidiana: problema, che si vede, non solo artistico, ma più generalmente culturale e sociale. Problema comunque di difficile soluzione, giacchè mentre i classicisti avevano un modello preciso cui rifarsi, gli innovatori romantici dovevano sceglierlo nell'ambito di una situazione che a livello di parlato era estremamente varia e confusa. Fra i molti tentativi si impose quello di Manzoni, il quale ricorse al fiorentino parlato dalle persone colte per rivedere linguisticamente il suo romanzo. Manzoni fece subito scuola, ma la situazione rimase molto confusa fino all'unificazione, e anche dopo: la divergenza tra lingua parlata e lingua letteraria rimase forte e quest'ultima faticò molto a liberarsi dalle inversioni, delle perifrasi e del lessico della lingua tradizionale, resistentissima soprattutto in poesia.
Nonostante le resistenze classiciste, l'italiano letterario subì in quegli anni una profonda trasformazione sia a livello sintattico (dove si registrò una tendenza alla semplificazione), sia a livello lessicale, dove si assistette ad una grande immissione di parole nuove o di slittamenti semantici di parole vecchie, in relazione alle trasformazioni che avvenivano nei diversi settori della vita civile: dalla politica (liberale, che assunse allora il suo significato politico, destra, sinistra, conservatore, progressista) all'amministrazione (doganale, licitazionale), dalla tecnologia (locomotiva, vagone, ferrovia, fiammifero) alle scienze (boro, cloro, cloroformio, alluminio), dall'abbigliamento (pantaloni, cravatta, cilindro) ai diversi tipi di ballo (polka, mazurka, valzer).
Anche sul piano del lessico comune, le forme del parlato che penetrano nel linguaggio letterario sono numerose, limitatamente alle opere dei romantici: basti qualche esempio manzoniano: chicca, filastrocca, impiparsene, pezzo d'asino. 

Marchese, Grillini

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Copyright © 2008 [Maremagnum]. Tutti i diritti riservati.