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Non ora

 

Signori cari, anche se altri luoghi attendono la mia volontà e ho la certezza di non conservare alcuna memoria di voi, condizioni che motiverebbero un presente silenzio, voglio comunque esprimere, a lei signora e a lei signore, alcune mie verità.

Confido nella vostra comprensione.

Quando leggerete queste righe sarà un grigio mattino di ottobre e forse una pioggia sottile bagnerà le strade e i tetti delle case.

I bassi monti al di là dei palazzi saranno avvolti da una leggera nebbia e il sole tarderà a comparire.

Una diversa tristezza sarà presente e come il tempo, incerto se fermarsi lento o trascorrere.

Credo che però sappiate quanto poco potete fidarvi del vostro sentire, spesso offuscato da influenze che nulla dicono di voi.

Accadrà nel tempo quanto è in voi ancora senza voce.

Il mio tempo non ha avuto inizio e ora poco importa svelare le ragioni di cui io solo sarò custode. Nella memoria di me.

Ho visto realtà create dall’ immaginazione di uomini e donne. Consapevole del mio volere ho smarrito spesso il cammino in labirinti di specchi, perché potessi cogliere nei riflessi muti le voci e i rumori di ogni mondo. Su molti ho vissuto, durante anni di permanenza, visitando luoghi abitati da fugaci comparse.

Fra queste sono stato, straniero in terre di ciechi.

Le dimore nelle quali ho avuto asilo hanno ospitato ladri, compagnie di loquaci mentitori e falsi dèmoni. Tra il soffiare dei venti di pioggia e calde notti tacite. Nel tempo.

Perché mi sia fermato nei dove che più non ricordano il mio passaggio è lecito chiedere, ma la risposta offrirebbe prolissi raggiri e varie ambiguità.

Tutti coloro che mi hanno conosciuto non hanno creduto che io fossi nato per mia volontà. Mai ho posseduto conoscenze che mi permettessero di mostrare la cecità degli uomini e delle donne, a quei corpi ancora prigionieri e vuoti. E’ stato questo l’ errore più volte commesso.

Ho pagato dolori per passioni mai assopite,  ho disperso le orme come ombra sui muri. Mi hanno pugnalato i riflessi traditi da un incerto quando. A volte io stesso ho costretto la mia voce al silenzio.

Come tra breve farò, dopo avervi salutato.

Saluto voi, cari signore e signora. Voi che avete sognato dell’idea di me, del figlio che ancora non conoscevate. Saluto solo voi, come ultimo pensiero inutile prima che sia ormai perso.

Sarò ancora per luoghi di malinconico disincanto.

Ancora. Ma non ora.

Pietro Moretti

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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